giovedì 17 settembre 2009

E' "comparsa" a Bollywood













Se il cinema fosse un appartamento Hollywood sarebbe il salotto, e Bollywood ne sarebbe il giardino. Qualche giorno fa, domenica 6 settembre per la precisione, ho avuto l'onore di partecipare come comparsa all'interno di un film Bollywoodiano, una produzione indiana per intenderci. Niente cowboy né frecce, ma costumi colorati e musica. Be', per dirla tutta di musica ne ho sentita poca sul set, ma che film indiano sarebbe se non ci fosse un bel balletto con tante braccia svolazzanti e scampanio. Sì, perchè i film con produzione indiana seguono un preciso canovaccio che non può assolutamente prescindere dalla musica e dal ballo. La storia è quasi sempre la stessa: due innamorati che, per qualche assurda ragione (spesso problmi di casta), non riescono a stare assieme e lottano contro le avversità finchè il loro amore non tronfa su tutto il resto. La pellicola in questione si chiama "House Full", la casa pazza e di pazzia ne ho vista a quintali sul set. Una truope impressionante, così come le attrezzature e la velocità con cui tutto veniva sistemato e settato. Cambi si set a tempo di record, ma scene spesso girate e rigirate all'infinito per la gioia di noi comparse che grondavamo sudore su di una terrazza assolata di un hotel del Gargano. La scena era piuttosto semplice per quanto discutibile ne fosse il contenuto. Un uomo, in viaggio di nozze dall'India sul promontorio del Gargano (soluzione da premiare per la singolarità della scelta!) sta per suicidarsi lasciandosi cadere da un balcone al quinto paino di un hotel di lusso del promontorio pugliese. Una raggiante ed affabile ragazza, anch'essa indiana, gli salva la vita convindendolo a restare aggrappato alla ringhiera con non so quale espediente (non le ho visto alzare la gonna nè potuto udire alcunchè). Persuaso l'aspirante suicida a demordere dal cupo intento, lo aiuta a risalire e, una volta faccia a faccia, scatta l'abbraccio con conseguente bacio dei due. Ricordo che lei indossava un corto ed alquanto succinto vestitino di cotone tutto colorato. Lui un semplice jeans e una polo a riche rosse e blu, maglia che doveva essere davvero preziosa vista la cura e la premura con cui le assistenti di scena la trasportavano, appesa ad una gruccia, da una parte all'altra del set. Una scena topica, insomma, in cui lei incarna l'aspetto salvifico della bellezza femminile e lui tutta la stupidità maschile. La scena, tuttavia, possedeva quella giusta dose di spettacolarità e pericolosità davvero niente male. Momenti di suspance quando la controfigura stantman del protagonista si è calata giù per il balcone legato in vita da una sottile imbracatura. Sì, perchè le scene pericolse, o presunte tali, vengono sempre girate da esperti del pericolo e non da professionisti della recitazione (salvo dovute eccezioni, si intende). E la differenza è visibilisssima e risibilissima. Vedere penzolare goffamente l'attore, nelle scene in cui si giravano i primi piani, con una mano appesa alla rinchiera ed un piede poggiato su di una scala tenuta ferma da almeno quattro assistenti, ha fatto sbellicare più di una comparsa, per non parlare dei curiosi. E noi giù, su di un terrazzo, a fingere di essere dei giornalisti accorsi per riprendere l'evento. Ora, sorvolando volutamente sulla possibilità che un folto nugolo di reporter accorra praticamente in tempo reale sulla scena di un suicidio con a seguito fotografi e cameraman, che bisogno c'era di farci sbucare tutti assieme da un muro appena lì vicino? Si rasenta la pazzia. Possibile che il pubblico indiano si beva una simile storia? Sembrava di essere sul set di un film di Pozzetto con regia dei Monti Payton. Una scena, tra l'altro girata tante di quelle volte e in così tanti modi differenti che anche il più abile montatore e mago della postproduzione troverebbe impossibile conuigare con il resto al fine di realizzare quantomeno un prodotto che rasenti la logicità. Ho visto comparse (vacche al pascolo in balia di un pastore sotto effetto di funghi allucinogeni) cambiare ruolo senza alcuna ragione apparente. Da cameramen sono diventati fotografi e da giornalisti sono diventati passanti. Scaletta a puttane e plot a farsi benedire. Eppure si trattava di una produzione faraonica. Erano sul Gargano già da due settimane e prima avevano girato delle scene in India. Dopo avrebbero registrato a Londra per qualche giorno e poi di corsa a Las Vegas, tanto la difefrenza tra Pugnochiuso ed il Nevada chi l'avrebbe mai colta! Ok, la scenggiatura non è il pezzo forte di questi indiani, ma lasciatemi dire che un pastore tedesco avrebbe recitato meglio (vedi rex!). Gli attori ci mettevano una tale foga nella recitazione che esplodeva in gesti ampi e risate sguaiate senza precendeti. Ma ogni gesto trasudava passione, tanto da rendere la loro recitazione un misto di sacro e di folclore. E la riprova di ciò è racchiusa in un attore in particolare (guarda la foto in alto). Tutti lo chiamavano Cianky, anche perchè aveva un nome impronunciabile. Era una forza della natura, e trattava noi comparse come esseri umani. Spesso ci ha invitato a bere, senza badare alle riprese. Già giravano equivoche storie sul suo conto, del tipo che una sera era uscito dall'albergo e subito il regista era corso a recuperalo prima che lui potesse combinarne qualcuna delle sue. Gesta etiliche e dongiovannesche si vociferava. Il suo abbigliamento era fantastico: pareva che l'arcobaleno si fosse schianto sulla sua camicia scomponendo i colori e ricomponendoli a caso, lasciando che il cielo avvolgesse il suo abito. Purtroppo dalla foto non sono visibili le scarpe, presto fatto: basti ricordare quelle che indossava il sultano nel Film la lampada di Aladino con John Dehner del 1952 per averne almeno un'idea. Un tipo simpatico, però. A fine riprese mi ha detto che se fossi passato da Bombay o Mombay o New Dely, avrei potuto chiamarlo e lui mi avrebbe offerto da bere e magari anche ospitato a casa sua. Ed io gli ho risposto che se magari fossi passato di lì e lui non fosse stato impegnato in qualche altra stramba produzione (di film ne ha girati ben 82!), l'avrei sicuramente chiamato.

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